Cosa resta di un hackathon
Ieri ho trovato delle note scritte ormai un anno e mezzo fa sull’esperienza fatta ad un hackathon.
E' stata la mia prima (e per ora unica) partecipazione, fatta per giunta da remoto assieme ad alcuni membri di Socraten, il gruppo di Software Craftmanship della mia zona che frequento.
Pillole di cosa ho portato a casa dall’esperienza:
- Ci sono a disposizione tutti gli strumenti per organizzare e gestire un lavoro da remoto in modo fluido. Ma questo lo abbiamo scoperto un po' tutti negli ultimi tempi…
- Usare tutti gli strumenti che si conoscono meglio (nuovi o vecchi che siano) per prototipare in modo veloce il risultato. Uno delle rare volte in cui è “Meglio apparire che essere”.
- Investire del tempo per mettere in piedi un flusso minimo di build e deploy. Ha avuto un buon ROI nelle fasi finali, stanche e concitate dell’hackathon.
- Meglio investire più tempo nel brainstorming iniziale e fissare dei checkpoint globali per correggere il tiro delle scelte.
- Poche e veloci videochat per fare il punto e chat testuale costante per allinearsi sugli avanzamenti delle singole attività.
- Togliere, togliere e ancora togliere.
- Essere disponibili e proattivi.
- Primo comandamento: lavorare per sbloccare gli altri.
Nota di curiosità: il risultato è stato il prototipo di un bot Telegram. Lo abbiamo rilasciato su Github sotto licenza MIT, il repository.